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lunedì 16 settembre 2019

Finalmente libero

L'avevo annunciato e l'ho fatto.
Poco fa ho cancellato il mio profilo Facebook.

Incredibile come un'inspiegabile senso di frustrazione abbia preceduto questo mio gesto: sensazione che è svanita immediatamente dopo aver fatto click su "Conferma", lasciando spazio alla leggerezza. 

Sì, mi sento più leggero. Le motivazioni le potete immaginare: fake news, haters, ignoranza dilagante... ma soprattutto la terribile sensazione che le persone abbiano ormai sostituito la vita reale con quell'Avatar virtuale.

Mi ha sconvolto leggere commenti al mio post di addio, in cui mi scrivevano "Non mollare!", "Non abbandonare la lotta!", piuttosto che "Sei debole", "Non sei un combattente". Questo ultimo commento in particolare mi ha fatto ridere: me lo ha scritto uno che una mia amica definirebbe un "Gauche Caviar", uno della sinistra valdostana, salotti buoni, libri e citazioni di grandi autori.

Combattente? Su Facebook? Mi è passata davanti una di quelle immagini, in cui si confrontano passato e presente. Ho visualizzato il combattente partigiano, col mitra, in montagna accanto al "combattente" secondo l'espressione moderna, seduto sulla tazza del water a scrivere grandi perle filosofiche per arginare la deriva del paese, a lasciare un "mi piace" ad un post sull'Amazzonia che lo farà sentire un grande ecologista, oppure a dibattere su questioni pro-contro immigrazione/aborto/sciechimiche/alieni... ecc ecc ecc.

Peccato che in Amazzonia ci siano persone, ecologisti e combattenti veri, che ci rimettono le penne, così come per i migranti, e che del "like" del combattente moderno seduto sul water, guarda un po', non se ne impippano un accidente.

Ritorno ai miei spazi: magari anche virtuali, come questo, ma più umani. Più lenti, dove una riflessione può essere fatta con più calma, a mente fredda. Dove un pensiero può essere scritto srotolando con calma la propria mente e prendendo il giusto tempo prima di scrivere qualunque boiata.


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